La storia del Conservatorio

Tutte le città della nostra regione, e non soltanto quelle oggi capoluogo di provincia, hanno avuto importanti tradizioni di insegnamento musicale svolto intorno alla municipalità, alle strutture pubbliche o ecclesiastiche, ai teatri e/o alle orchestre cittadine. La scuola musicale è nata dunque per esigenze concrete, quelle di fornire strumentisti e coristi per la produzione cittadina. Spesso chi dirige o insegna nella scuola è anche operatore a diverso titolo, maestro concertatore e direttore d’orchestra, compositore o strumentista, nelle strutture produttive della città; gli studenti, i più meritevoli, ricevono l’insegnamento e maturano le proprie esperienze strumentali partecipando alle attività delle orchestre o dei cori. Queste strutture educative raggiungono soprattutto nell’ 800 una loro fisionomia ben definita. Negli Stati preunitari, una grande cura è posta per il mantenimento di scuole musicali pubbliche di qualità. Ed è la stessa cura che viene posta, sull’esempio del progetto di Niccolò Paganini di riforma dell’Orchestra ducale parmense, per assicurare il buon funzionamento di strutture per la produzione operistica e per i concerti anche a Reggio Emilia. Questo interesse è forte anche se sono soprattutto le due vicine orchestre ducali di Parma e Modena a fornire i quadri di maggior spicco dell’orchestra reggiana.

Questo fervore non si arresta certo nell’Italia unita: permangono orgogliose volontà localistiche, pur tra alti e bassi di gestione, per conservare e sviluppare sia organici produttivi sia strutture educative. Queste strutture resistono dunque al tempo, ai cambiamenti politici, alle mode, e non è dunque un caso se oggi, nella realtà che si prospetta con la riforma dei Conservatori e degli Istituti pareggiati, nella sola Emilia-Romagna si contano ben cinque istituti statali (Parma, Bologna, Piacenza, Ferrara, Cesena) e sei non statali (Reggio Emilia, Modena, Ravenna, Carpi, Rimini e Castelnovo né Monti), oltre naturalmente ad altre scuole civiche di sicura solidità e tradizione (Faenza, Lugo, Forlì, Mirandola, Imola, per citarne solo alcune).

Le tappe dell’istituto reggiano trovano un punto di riferimento sicuro nella apertura nel 1826 di una scuola municipale di musica che avviene anche sulla spinta di nuove e coraggiose argomentazioni poste da Carlo Ritorni a proposito della pessima situazione riguardante l’orchestra reggiana. È la scuola di Bonifazio Asioli, affidata alla direzione del reggiano Prospero Silva e nella quale operò anche Achille Peri (a destra in un disegno di Nani Tedeschi), protagonista delle vicende musicali della città nel periodo preunitario e, poi, nella fase d’avvio dell’Italia unita. Periodo, questo, ricco di accadimenti cui si è soliti far risalire, con la riapertura del Teatro nel 1857, inaugurato dallo stesso Peri in veste anche di compositore dell’opera Vittor Pisani, una nuova era di gestione delle iniziative musicali della città.
La scuola è passata quindi attraverso fasi alterne, soprattutto negli anni ’70, e a provvedimenti, come il Regolamento per la scuola di musica approvato il 26 novembre e il 10 dicembre 1881, orientati a delineare nuovi rapporti tra scuola e teatro e contemporaneamente a meglio definirne la struttura organizzativa.
Ulteriori risistemazioni si ebbero una decina di anni dopo durante il mandato del Sindaco Manodori e successivamente sotto le amministrazione Bacchi e Rossi.

Non di molto cambiano le cose nel nuovo secolo. Adeguati i regolamenti interni alle esigenze d’insegnamento consolidate sul modello delle scuole statali, il cui sistema trova nei provvedimenti dei regi decreti del 1918 e del 1930 l’assetto che resterà definitivo fino ad oggi, le vicende della scuola reggiana s’intrecciano sempre più spesso con il più ampio dibattito cittadino intorno all’utilità delle strutture formative e culturali ricevendo nuovi impulsi per una adeguata collocazione istituzionale. La sede della scuola viene individuata in alcuni locali del Teatro Municipale dove rimarrà fino al 1975 quando verrà trasferita nella ex-Caserma Zucchi. Nel 1926 assume l’attuale titolazione ad Achille Peri ed è in questo periodo che si compiono ulteriori tentativi per valorizzare le istituzioni musicali della città. Ancora nel 1936 si cercherà infatti di ridar vita ad una Orchestra sinfonica di Reggio Emilia fondata e diretta da Renzo Martini, mentre due anni prima il nuovo “Regolamento per la direzione agli spettacoli in Reggio” ancora prevede espressamente la presenza di alunni autorizzati dalla Direzione a far parte degli organici insieme ai professori d’orchestra e ai sostituti. Ed è in questi stessi anni che il Peri annovera tra i suoi studenti un nome che diventerà presto un artista di fama mondiale.

Il cantante reggiano Ferruccio Tagliavini studiò al Peri a cavallo degli Anni Trenta, sotto la guida del Direttore m° Melloni. L’archivio della scuola ci consegna anche le sue partecipazioni ai saggi finali e i voti agli esami dal 1929 al 1934, anno in cui fu licenziato (la scuola non ancora pareggiata non poteva rilasciare un diploma riconosciuto) prima di chiedere l’ammissione al Conservatorio di Parma.
Nel Dopoguerra, non è immediato e prioritario l’interesse di por mano alla situazione della scuola di musica comunale che con i suoi 200 iscritti conferma in ogni caso il suo radicamento nel panorama didattico e culturale della città. È solo a metà degli anni Sessanta che nuove idee si attuano sotto l’Amministrazione del Sindaco Bonazzi.

Affidata nel 1969 la direzione ad un giovane compositore milanese, Armando Gentilucci, allora appena trentenne, il progetto di ridefinizione istituzionale passa attraverso alcune tappe interne fondamentali quali la richiesta e il conseguimento del pareggiamento ai Conservatori di musica statali, l’incremento del corpo docente e il potenziamento dell’indirizzo didattico educativo in sintonia con quanto parallelamente stava avvenendo per le scuole comunali dell’infanzia. Sul fronte del raccordo dell’Istituto con le altre iniziative culturali e musicali della città, al tradizionale rapporto con il Teatro Municipale si aggiunge un progetto che negli anni successivi sarà destinato ad occupare un ruolo di primo piano non soltanto a Reggio ma anche nel panorama nazionale. Il complesso di attività di Musica-Realtà si esprime con la nascita della rivista diretta da Luigi Pestalozza e con una serie di iniziative seminariali, concertistiche e didattiche cui partecipano i nomi di musicisti, pedagogisti e musicologi di maggior prestigio in campo nazionale e internazionale. Nel 1973 nasce al Peri anche l’esperienza del Laboratorio pedagogico-musicale, intorno alla figura di Olivia Concha che lo conduce fino al 1979. Le iniziative rivolte alla musica del Novecento proseguono anche negli anni ’80 con convegni di studio, rassegne concertistiche, dibattiti e confronti tra compositori delle ultime generazioni.

Alla morte di Gentilucci nel 1989, l’Istituto è affidato al vicedirettore Cristina Mongini, fino alla nomina di Andrea Talmelli l’anno successivo.

Durante gli Anni Novanta e per tutti gli anni della Direzione del M° Andrea Talmelli, l’Amministrazione di Reggio Emilia, in accordo con le proposte avanzate di innovazione istituzionale, procede con quella di Castelnovo ne’ Monti, dando corso alla richiesta di statizzazione del Peri e del Merulo come sezione staccata. I tempi sono comunque difficili in quanto il dibattito sulla riforma dei Conservatori non consente per tutto il decennio possibilità di passaggio allo Stato di Istituti pareggiati. Il Peri assume un ruolo importante in questo dibattito a seguito del Convegno promosso a Reggio Emilia nel 1994, da cui nacquero Comitati per la Riforma un po’ in tutta Italia. Quel provvedimento legislativo atteso ormai da settantanni, viene approvato dal Parlamento alle soglie dell’anno 2000, ma la sua attuazione pone tuttora problemi di notevole complessità. Vengono introdotti, tra i primi Istituti italiani, sia i corsi AFAM di primo e secondo livello, sia quelli di Formazione di base. Il M° Andrea Talmelli è inoltre il primo Direttore ammesso alla Conferenza Nazionale dei Direttori di Conservatorio in rappresentanza di tutti gli Istituti Pareggiati italiani, anticipando in tal modo la auspicata unificazione tra tutte le istituzioni Afam, statali e non statali.

L’Istituto, nel frattempo, amplia con le scuole di canto e di percussione gli insegnamenti interni pareggiati, avvia una intensa attività di scambio con scuole europee, sviluppa iniziative come L’Ora della musica e Settimane Incontri, intreccia nuove collaborazioni con I Teatri nei progetti di produzione di opere per l’infanzia e con le attività di Di Nuovo Musica in un certo senso destinato a proseguire l’esperienza ormai storica di Musica-Realtà. Nel 1998, a seguito del restauro degli edifici del cinquecentesco complesso di S. Domenico, l’Istituto Peri si trasferisce nella nuova sede provvista per la prima volta nella sua storia di un Auditorium polifunzionale idoneo alle molteplici attività della scuola. Con l’integrazione del Laboratorio d’Informatica e dell’organo tedesco Hillebrand acquisito per donazione privata della famiglia Ovi, diventa questo il cuore pulsante di tutte le manifestazioni della scuola anche rivolte a tutta la città e al suo territorio. La nascita delle Orchestre Giovanili trova proprio nell’Auditorium la sua sede naturale di esercitazione. Una intensa attività di scambi culturali viene proposta dalla Direzione con scuole europee (Polonia, Russia, Germania, Francia, Spagna, Slovenia) e negli USA che si aggiungono ad altre iniziative in Italia e all’estero (Norvegia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), con lo scopo di favorire la conoscenza e il confronto artistico e didattico tra gli insegnanti e gli studenti.

Dal 1° Novembre 2010, il “Peri” viene unificato all’Istituto “Claudio Merulo”, nato già nel 1964 per le istanze espresse dai cittadini di Castelnovo ne’ Monti e che nei decenni successivi aveva incontrato la sensibilità e l’intuizione di politica culturale di Armando Gentilucci coadiuvato dal maestro Paolo Gandolfi, i quali, per diffondere capillarmente la formazione musicale sul territorio, ne ispirarono e condussero la crescita progettuale favoriti dalle forze amministrative locali. Con la fusione si compie quindi un lungo percorso di sviluppo della formazione musicale reggiana e nasce il nuovo ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI MUSICALI DI REGGIO EMILIA E CASTELNOVO NE’ MONTI, una scuola a rete di sedi.

Nel 2011 ne diviene direttore Maurizio Ferrari. Nel 2012 nasce la Summer School estiva, che porta nel reggiano docenti di caratura internazionale e amplia ulteriormente l’offerta formativa; prende vita anche Musica e Civitas (poi confluita nei concerti estivi del Restate), stagione di concerti inserita nella programmazione estiva del Comune di Reggio Emilia nella quale sono protagoniste le migliori risorse produttive dell’Istituto, si infittiscono ulteriormente le relazioni con il territorio e le attività delle orchestre giovanili, aderenti al Sistema Nazionale delle Orchestre, Cori giovanili e Infantili, che varcano i confini anche delle sedi delle più alte istituzioni nazionali, facendosi apprezzare fin in Senato e dal Presidente della Repubblica con esecuzioni memorabili diffuse grazie ai canali televisivi RAI.

Storia della sede di Reggio Emilia

Storia della sede di Reggio Emilia

La sede reggiana dell’Istituto Superiore di Studi Musicali di Reggio Emilia e Castelnovo ne’ Monti è collocata all’interno del complesso dei Chiostri di San Domenico, struttura antica la cui originalità deriva soprattutto dalla particolare vicenda storica che l’ha contraddistinta: convento domenicano fino alla seconda metà del XVIII secolo, caserma delle truppe estensi fino al 1860, Regio Deposito Stalloni fino al 1945, Istituto per l’incremento ippico fino al 1970-80, Scansionedestinazioni varie fino al 1990. L’impianto urbanistico dell’antico convento è rimasto intatto con la teoria dei due chiostri monumentali: chiesa, chiostro piccolo a ridosso della chiesa e chiostro grande fra il chiostro piccolo e via Dante Alighieri. Ma il complesso è stato poi completato con l’aggiunta dell’ala Castelnovo fra le vie Zaccagni e Dante, del complesso delle ex-rimesse e del muro di cinta fra le vie Dante e Samarotto. Più compromesso, seppur visibile e riconoscibile dalla notevole diffusione delle strutture voltate, è l’impianto artistico – architettonico, che ha inevitabilmente risentito delle diverse destinazioni d’uso succedutesi nel corso dei suoi quasi otto secoli di storia.

L’intervento operato dai militari per trasformare l’antico convento in caserma e deposito cavalli stalloni fu massiccio: creazione di collegamenti carrabili fra i chiostri e i cortili, massicci interventi sulle strutture murarie per proteggerle dall’ambiente aggressivo della stalla; copertura dei pavimenti originari al piano terra con soletta in cemento per impedirne l’usura da parte dei ferri dei cavalli; modifica delle volumetrie di alcune parti del convento per aumentare e adattare la capienza degli spazi; eliminazione delle strutture voltate in almeno due ali dell’ex-convento.

La complessa opera di restauro e recupero funzionale voluta dall’Amministrazione a partire dall’inizio degli anni Novanta è stata pertanto impostata dai progettisti incaricati con il criterio fondamentale di rendere leggibile la complessità delle strutture architettoniche, evitando di riportare in luce elementi ormai non più riconoscibili, (se non da poche e scarne tracce emerse dalla asportazione dei notevoli spessori di intonaco cementizio realizzati dai militari). Non è stato privilegiato un particolare periodo storico rispetto ad un altro, se non in funzione di quanto è stato possibile recuperare e leggere con l’eliminazione delle superfetazioni e degli elementi palesemente incongrui, proprio perché restituire un’unica immagine (per esempio quella del convento) avrebbe significato ulteriori e massicci interventi che avrebbero stravolto ancor di più una struttura dalla storia edilizia assai complessa.